Avvocato Maria Novella Galizia

Il mio percorso mi ha portato a creare forti legami con professionisti e
colleghi a me affini, ad esporre ai giudici argomentazioni fondate,
ad affiancare i clienti nelle loro battaglie più sofferte.

La prima volta in cui ho preso seriamente in considerazione l’idea di prodigarmi ed argomentare di fronte all’autorità per far valere i diritti di altre persone avevo 13 anni. 

Il professore di educazione fisica, quel giorno, aveva negato la lezione a noi alunne perché doveva preparare i ragazzi per una partita di un torneo: noi ragazze avremmo potuto stare a guardare loro che si allenavano. 

A quell’età non conoscevo il concetto di discriminazione di genere, o meglio mi pareva un qualcosa di astratto che non mi avrebbe mai riguardato: era assodato, nella mia mente, che donne e uomini fossero uguali ed avessero gli stessi diritti. Era quindi qualcosa di molto lontano da me, un po’ come quando la mamma ti diceva “non accettare caramelle dagli sconosciuti fuori dalla scuola”. Nessuno sconosciuto mi aveva mai offerto una caramella, men che meno fuori dalla scuola. Sapevo solo che, nel mondo, esistevano luoghi e tempi in cui ciò sarebbe potuto accadere.

Neppure quella volta ricondussi l’accaduto ad una discriminazione di genere, e probabilmente non lo era neppure: il professore verosimilmente non era riuscito ad organizzare la lezione. 

Ma perorai a gran voce il diritto mio e delle mie compagne (molto infastidite dall’accaduto) di poter occupare un’area della palestra, prendere un pallone e muoverci anche noi, anziché stare sedute su una panca a guardare. Oltre al nostro diritto, ricordai al professore il suo speculare dovere ed il fatto che non avremmo potuto essere noi a pagare le eventuali carenze organizzative. 

Riuscii a farmi ascoltare, mentre le mie compagne mi guardavano con gli occhi spalancati, chiedendosi come mai non avessi paura di esternare il mio pensiero con quella che, in pratica, si stava rivelando una vera e propria arringa difensiva. Giocammo a pallone come volevamo noi. 

La ragazza più diligente della classe mi disse “Ma tu devi fare l’avvocato!”.  

Da allora, ho iniziato a far caso a tutte le volte in cui mi ritrovavo (purtroppo o per fortuna) a pronunciare la frase “Non è giusto!” e non mi ha più abbandonato l’insofferenza e l’impellente esigenza di intervenire quando vedevo perpetrare un’ingiustizia. 

Soprattutto con i più piccoli o con chi non aveva modi e strumenti per difendersi. 

Così, dopo la maturità classica, dando una piccola delusione al professore di matematica, mi iscrissi a giurisprudenza, a Ferrara. Il mondo del diritto dal punto di vista tecnico era a me estraneo (benedetta scuola italiana: quando si capirà che in un Liceo Classico non si può ignorare questa materia, e allo Scientifico bisognerebbe studiare il greco anziché il latino?). In quanto perfezionista e piena di voglia di scoprire il mondo, ci misi qualche anno in più a laurearmi ed alla fine, con il mio più che dignitoso 103, mi trovai ancora una volta a dover scegliere. La professoressa con cui avevo fatto la tesi mi chiedeva di tenere qualche lezione agli studenti, il corso per magistratura a cui mi iscrissi era veramente molto interessante e la pratica nel piccolo studio legale che avevo iniziato a frequentare mi stava facendo conoscere un mondo di sfide. 

Ancora una volta, prevalse l’impellente esigenza di “dire la mia”: l’avvocato era la dimensione che più di tutte le altre mi stava appassionando. 

Con la sessione d’esame del 2004 presso la Corte d’Appello di Bologna, divenni avvocato mentre praticavo a Venezia, in uno dei migliori studi di quel Foro, che ancora oggi ringrazio moltissimo non solo per la preparazione tecnica che mi ha dato, ma anche per la grande correttezza professionale e deontologica che lo caratterizza. 

Ho avuto nel corso del tempo occasione di collaborare in diversi studi ed esercitare in diversi Fori. 

Ho imparato (e non ho mai smesso) a creare forti legami con professionisti e colleghi a me affini (e vi assicuro che di bravi avvocati ce ne sono tanti), ad esporre ai giudici solo argomentazioni fondate (mi spiace, ma se cercate un avvocato che simuli ed imbrogli le situazioni, non faccio per voi: io le situazioni le sbroglio con il diritto), ad affiancare i clienti nelle loro battaglie più sofferte.

Nell’anno 2016 ha aperto il mio studio in proprio pur continuando, nell’ottica di un reciproco accrescimento, a coltivare collaborazioni esterne con colleghi dei Fori di Treviso, Ferrara e Venezia.

Sono iscritta a due delle associazioni maggiormente rappresentative dell’avvocatura per le famiglie (Cammino e Aiaf). Partecipo costantemente ai diversi corsi di aggiornamento e formazione professionale aventi ad oggetto la tutela dei diritti nell’ambito delle relazioni familiari e delle successioni, approcciando queste materie con uno sguardo più ampio, grazie all’esperienza maturata anche in tutti gli altri rami del diritto civile. Condivido il pensiero secondo cui l’assistenza legale nelle controversie in famiglia necessiti di una preparazione specifica ed il benessere ed il rispetto dei diritti delle parti, soprattutto dei minori coinvolti, debba essere l’obiettivo prioritario.

Spinta dall’esigenza di unire alle competenze specifiche e settoriali anche il confronto con professionisti “complementari”, nel 2019 ho contribuito alla fondazione della rete professionale Agoràpro, nella quale ho rivestito il ruolo di co-founder fino all’anno 2022. 

Ed è per le ragioni che più risuonano nelle mie corde, e che si ritrovano nelle mie origini e nella mia storia, che ho deciso di dedicarmi in via prevalente al diritto di famiglia e delle successioni ereditarie. Perché sono materie complesse, che riguardano situazioni in cui spesso si è più provati e nelle quali l’intervento di qualcuno che ci dà modi e strumenti per difendere i nostri diritti può fare la differenza nella nostra vita. 

Nel 2023 ho intrapreso un’ulteriore strada (attualmente “work in progress”) che, in proprio, mi permette di dedicarmi alle mie materie predilette per un’avvocatura in evoluzione e vicina alle persone.

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